Con la circolare 29/15 l’Inps ha precisato che i lavoratori autonomi che intendono fruire del regime agevolato introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 possono versare i contributi dovuti alle gestioni artigiani e commercianti in percentuale rispetto al reddito forfetario, senza l’applicazione del livello e contribuzione minimi previsti dalla legge 233/90.
Gli interessati però dovranno fare i conti con una pensione ancor più magra e lontana nel futuro. Infatti è noto che la contribuzione dei lavoratori autonomi non è particolarmente elevata se calcolata con riferimento al minimale.
A ciò deve aggiungersi che il pagamento di contributi inferiori rispetto a quelli calcolati sul reddito minimale determinerà inevitabilmente una contrazione dei mesi accreditati con un prolungamento degli anni necessari a raggiungere il diritto per poter accedere alla pensione. Ne deriva che l’accesso al pensionamento rischia di avvenire solo per vecchiaia (dal 2021 l’età anagrafica non potrà essere inferiore a 67 anni, prescindendo dagli adeguamenti legati alla speranza di vita), considerato che le elevate anzianità contributive richieste tempo per tempo per il pensionamento anticipato rischiano di risultare successive alla data prevista per il pensionamento di vecchiaia proprio a causa del riproporzionamento dei mesi accreditati.
Facciamo un esempio per spiegare meglio gli effetti del nuovo meccanismo: un artigiano, che versa la contribuzione minima, è chiamato a pagare la somma di 3.529,06 euro (3.521,62 finalizzati alla pensione e 7,44 per maternità). Se un artigiano “nei minimi” decidesse di pagare sul reddito denunciato all’agenzia delle Entrate una contribuzione pari a 1.768,25 euro (1.760,81 per la pensione e 7,44 per maternità) si vedrebbe accreditare solo sei mesi a fronte di un’attività lavorativa durata un anno. È evidente che la minor contribuzione pagata oggi si ripercuoterà negativamente sulle prestazioni future.
Al di la della convenienza o meno, tutti possono accedere al nuovo sistema di contributi agevolati senza ripercussioni? In realtà no, poiché vi sono delle limitazioni: i soggetti titolari di trattamento pensionistico presso le gestioni Inps e con più di 65 anni non potranno fruire contestualmente delle riduzione contributiva del 50% prevista dalla normativa vigente. Pertanto un’agevolazione (quella dei minimi) è alternativa con la riduzione percentuale.
Inoltre è esclusa, per i collaboratori familiari di età inferiore a 21 anni che prestano attività nell’ambito di imprese che aderiscono al regime agevolato, l’applicazione delle riduzione contributiva di tre punti percentuali. Attualmente tali lavoratori versano il 19,65% in luogo dell’aliquota ordinaria del 22,65%.